IL LAVORO

Nel quartiere lavoravano una miriade di laboratori, oltre che grandi fabbriche come l’Esperia e la Cidneo. Le giornate erano scandite dalle loro sirene mentre la vita sociale si faceva anche nei negozi, soprattutto quelli dei portici di Viale Caduti del lavoro. Tra i primi esercizi commerciali degli anni ‘50, le lotte sindacali e la nascita dei primi servizi, il quartiere è sempre stato specchio dei grandi rivolgimenti economico-sociali italiani.

I portici di Viale Caduti del Lavoro con la cooperativa di consumo in primo piano.

I portici di Viale Caduti del Lavoro con la cooperativa di consumo in primo piano.

Qui nel recinto che c’è adesso, dove c’è questo complesso nuovo sull’argine del Mella, c’era la carrozzeria Ruggeri e Esperia, dove si facevano soprattutto carrozzeria speciali, tipo miniscuolabus.

Ruggeri, come tanti industriali allora, favoriva i lavoratori che studiavano anche alla sera. Io sono stato assunto nello stabilimento. Prima ho fatto 8 anni di carrozzeria, quindi conosco bene le problematiche che c’erano in carrozzeria. Poi sono passato alla Cidneo Ceramica. Mi ha mandato al corso di Analista Tempi e Metodi: a che velocità andava l’operaio, va a 100,110, che è il sistema Taylor… coefficiente di maggiorazione… che son quelle cose che adesso non le fanno più. Poi ho seguito tutte le vicissitudini della Cidneo, della carrozzeria.

Poi c’erano le fornaci, che le hanno lasciate distruggere.
Dopo gh’era l’Oleificio Barbi, che faceva su una spösa de la madòna. Poi tanti artigiani…
Alla Baia del Re c’era una fonderia dove facevano i ferri da stiro, quelli che scaldavi sulla stufa. C’era Zani. Prima Zani, poi la fonderia. Andata via la fonderia è subentrata la Cromatura Bozzoli.

Ah, mi dimenticavo che li’ c’era un’altra fabbrica, la Mirkel, dove si costruiva le presse per le materie termoplastiche e termoindurenti. Lavoravo in ceramica, in carrozzeria… E lì era diventato un bel complesso, dava lavoro a tante persone, era una realtà forte del quartiere. Tra tutte e tre le aziende, dava lavoro a 450 persone. Poi purtroppo ho vissuto i momenti in cui le forze sindacali e gli operai erano diventati molto feroci. Quelli erano gli anni ‘60-’68. Le prime commissioni interne, i primi picchetti…

Dal barbiere

Latteria Portici I negozi dei portici di Viale Caduti del Lavoro.

Latteria Portici I negozi dei portici di Viale Caduti del Lavoro.

Lavoro negli ultimi campi.

Il signor Scolari, dipendente della fabbrica Cidneo

Il signor Scolari, dipendente della fabbrica Cidneo

Poi ricordo anche quando l’azienda era andata in crisi, tutti i picchetti sui cancelli e gli operai fuori dai cancelli. Sono successi dei fattacci e dei fattini, che comunque… Era il periodo.
Poi la carrozzeria Esperia è stata portata via da lì ed è stata spostata alla Fascia d’Oro, a Castenedolo.
E poi la Mirkel si è trasferita in Via Orzinuovi.
La fabbrica era sentita, era una cosa molto partecipata. Venivano su anche gli operai dalla Bassitalia, anche qui, nel quartiere, trovavano casa.

Il forno andava sempre, non si spegneva mai. Poi non era più possibile tenere in piedi un forno del genere, non si poteva spegnere. C’erano anche i turni di notte. C’erano tre turni per tutti i giorni, anche i santi. Quando è stato spento… è stato un triste momento, l’ho vissuta molto male, perché senza soldi, senza niente… Fortuna che c’era la cosa della solidarietà.
Anche mio papà ha lavorato all’Ideal Standard, non molti anni però. Ha fatto il carabiniere fino ai 26 anni, poi lo hanno riformato perché due o tre anni prima… i carabinieri facevano la guardia, non so se notturna, ed è stato una notte sotto la pioggia e si è preso la broncopolmonite e stava morendo, solo che è riuscito a salvarsi per fortuna, però non ha più potuto fare il carabiniere perché gli era rimasto il mal di schiena e aveva uno spurgo nella gamba. Allora l’hanno preso all’Ideal Standard, dove anche mio fratello ha sempre lavorato nelle pause estive, tre mesi.

Per 12 anni ero all’ATB come impiegata, poi altri 12 nella scuola materna comunale e gli ultimi 4 o 5 anni li ho fatti nella direzione delle scuole materne, perché mi stavo laureando.
Ho insegnato in varie scuole materne.
All’ATB era bellissimo! Dove adesso c’è la sede della CGIL, prima erano tutte vecchie stalle ed era tutto a piano terra e l’ufficio era tutto lungo, e noi eravamo nei vari uffici, ma erano le vecchie scuderie non so se di Toni o di Abba.

Prima ho lavorato in Svizzera 3 anni. Poi son
tornato, mi son sposato, e ho iniziato a lavorare in questa ditta che faceva macchine utensili. All’inizio facevo l’operaio semplice, finché non son divenuto capo responsabile della manutenzione e giravo il mondo. Ho girato tutto il mondo per trent’anni. Dalle Americhe, alla Siberia, al Giappone, alla Cina. Ho girato tutto il mondo. Ho lavorato 33 anni lì da loro, poi sono andati in crisi. All’epoca ero in America. Allora son tornato, ho visto che le cose andavano male, avevo un amico e sono andato in Breda. Sono andato lì e ho fatto il direttore commerciale alla finché sono andato in pensione.
All’inizio di lavori ne ho fatti tanti: falegname, fornaio… Qui in Via Chiusure c’era un’aziendina che faceva fornelli a gas. Sono andato a lavorare un anno, un anno e mezzo.

Lavoro nelle strade del quartiere.

Lavoro nelle strade del quartiere.

Io ho fatto la sartina. Perché allora le bambine dovevano essere tutte capaci a cucire. Però prima di cominciare, avevo 11 anni, era inverno, me lo ricordo perché c’era la neve ed erano venute due catechiste da Urago Mella per chiedere alla mamma se mi lasciavano andare a lavorare. Ero andato a casa di Pietra, il nostro Pietra – dico “nostro” perché è bresciano.

Ero andata la’ a fare la bambinaia.
Mi ricordo ancora le parole della mamma: “Io non voglio niente da voi. Datele da mangiare e rispettatela.” Ragàs, gh’era niente in casa da mangiare.

Dicevo, c’era la vicina di casa che faceva la sarta. La mamma ci teneva tanto che le sue figlie imparassero a cucire. Allora mia sorella ha imparato a fare la pantalonaia e io la sarta da donna. Andavo in Corso Palestro in una sartoria, e dopo a casa. Poi avevo il moroso, quindi si lavorava in casa, io e mia sorella. Avevamo il sarto in fondo alla strada. Poi pian pianino le cose si sono sistemate. Ma ci son voluti anni, giustamente. La bacchetta magica non c’è.
E, come dicevo, ecco, ero anche da Pietra. E anche lì non ero trattata bene, né! Però Pietra non c’era, era a Milano. Tornava il sabato e ripartiva la domenica. Ma quando c’era, il Pietra, apriva la finestra e urlava: “Chèla bambina che la gà da mangià come noalter!” e ‘l ciapaà el pane nero, che mi davano, e lo buttava fuori dalla finestra. Ma questo durava la domenica appena. Dopo lui se ne andava e le cose tornavano come sempre.
La casa era di fronte all’uscita della OM, c’è tuttora una casetta rossa, su Via Fiume.

Donne a scuola di cucito Necchi

Donne a scuola di cucito.

lettera di Magda

Prima sono andata in casa da una signora, che facevamo lo zigrino. No, prima sono andata a fare i Boeri, in una traversa di via Zoccolo facevano i Boeri.
Sotto nello scantinato facevano i Boeri. Poi si facevano i graffioni, quelli grossi.
La ciliegia era dentro nelle damigiane piene di quel liquore lì, cos’è, il kirsch? Io e un’altra, piccoline, andavamo dentro nella damigiana a prendere le ciliegine, e una in bocca!
Lì sono stata qualche mese, poi sono andata in casa e ho fatto lo zigrino dei fucili. In pratica è il disegno che hanno sul calcio del fucile. Sai che c’ha il ricamo. Ecco, facevo quello. Ci arrivavano grezzi e noi con un arnese facevamo lo zigrino. Dopo sono andata a lavorare qualche mese in pasticceria in Via Carlo Cattaneo. Andavo a prendere il pulmino 1, sul Ponte Mella, scendevo dopo Corso Zanardelli e poi andavo su fino in Carlo Cattaneo. Avevo 14 anni. Poi sono andata a lavorare in officina, sono stata 4 anni e poi sono andata a lavorare in clinica, fino alla pensione.
Anche mia sorella è andata a lavorare qui in giro, lavorava nelle calze. Poi c’erano i jeans, vicino alla farmacia Sant’Antonio c’era uno scantinato dove facevano i jeans. Al Cesare Abba anche là facevano le calze. E dopo anche lei è andata in un’officina, lei a fare il peltro, vicino a via Oberdan.

Io ho visto tutte le fabbriche a chiudersi. Prima, quando era quasi mezzogiorno, sentivi le sirene. Anche quelle mancano tanto. Conoscevi tutte le sirene delle varie fabbriche.
Mi ricordo che ero piccola e ci dicevano: “Dentro, che arrivano gli operai!”. Io mi ricordo le nuvole di biciclette degli operai dell’OM, che venivano a casa a mangiare, con la borsa sulla canna della bicicletta e l’ombrello. La strada era coperta di biciclette, tutti che venivano giù.

La farmacia S.Antonio in costruzione 1963