Conferenza stampa del 13 luglio 2021

Fare rete a dimensione locale L’esperienza nel periodo della pandemia

“Un sorriso fatto con gli occhi”

Riportiamo il testo dell’opuscolo che illustra i progetti sociali svolti in questo periodo difficile
Il file è scaricabile dalle pagine del comune di brescia a questo link.

Oppure qui: PUNTI COMUNITA’ periodo covid.PDF


LO SGUARDO DEL SERVIZIO SOCIALE DEL COMUNE

A partire dal febbraio 2020 il servizio ha affrontato un periodo di grave emergenza. Con i Punti Comunità, i Consigli di Quartiere e le realtà di volontariato della città si è intrapreso e condiviso un impegnativo percorso. Ci siamo sentiti parte integrante ed attiva della nostra città e della nostra comunità:

• Una comunità locale che ha saputo organizzare molteplici iniziative per riuscire a rispondere ai nuovi bisogni
•Una comunità capace di coinvolgere molti uomini e molte donne interessati ed impegnati a realizzare interventi di aiuto per le persone più fragili

Questa esperienza ha creato una rete formata da circa 50 realtà, tra Punti Comunità, Consigli di quartiere, Associazioni, Parrocchie e singoli cittadini.
Una rete sostenuta da più di 700 volontari che si sono messi a disposizione e al servizio degli altri.

Una esperienza concreta, fatta di relazioni di prossimità e di legami fiduciari e che, partendo da una comune problematica, ha generato azioni di solidarietà e ha sviluppato una responsabilità diffusa e condivisa.

La collaborazione con i Punti Comunità e con tutte le realtà non solo è riuscita a sopperire ai bisogni primari, ma ha rappresentato per molti cittadini un appuntamento importante, un punto di riferimento, un supporto psicologico, il sentirsi non abbandonati e importanti per qualcuno, aiutati e sostenuti.

L’ATTIVITÀ DEI PUNTI COMUNITÀ

Sin dai primi giorni di marzo 2020, in collaborazione con il Settore Servizi Sociali, tutti i Punti Comunità della città hanno creato servizi di consegna a domicilio di generi alimentari, farmaci, e mascherine con la finalità condivisa di aiutare gli anziani e le anziane sole, e così come le famiglie costrette a rimanere a casa. Per dare avvio a questo servizio, supportati in collaborazione con i rispettivi Consigli di Quartiere, anche tramite l’utilizzo dei social media, i Punti Comunità hanno richiesto ai propri concittadini la disponibilità ad aiutare ottenendo un’ampia risposta da parte di molti giovani e meno giovani in tutta la città. In una prima fase, ogni Punto Comunità, individuato un referente, ha organizzato le richieste provenienti dai Servizi Sociali territoriali e si è occupato di formare i volontari in merito al servizio fornito e alle indicazioni per la sicurezza; ha fornito loro, periodicamente, i dispositivi di protezione individuale necessari; si è preoccupato inoltre di entrare in contatto telefonicamente con le famiglie segnalate dai Servizi Sociali o che avevano fatto richiesta di aiuto.

I referenti hanno gestito, oltre alla parte operativa del progetto, anche gli aspetti più relazionali, dimensione rilevante e molto delicata.

Infatti, i referenti hanno curato in modo particolare le relazioni tra anziano e volontario: molti si assicuravano di comunicare per tempo il nome del volontario che era stato assegnato, il suo numero di telefono e l’orario in cui si sarebbe recato da loro, preoccupandosi di ricontattarli al termine del servizio per sapere com’era andata. Hanno accompagnato i nuovi volontari nelle insicurezze dovute, ad esempio, all’indisponibilità di un prodotto richiesto nella lista della spesa, o le criticità riscontrate nel ritiro dei farmaci; si sono resi disponibili con chi aveva bisogno solamente di scambiare due parole.

Man mano che il lockdown si prorogava e man mano che i Punti Comunità facevano esperienza del bisogno proveniente dal proprio territorio, si è verificata un’evoluzione del servizio stesso, individuando tecniche di gestione più efficaci oppure istituendo nuovi servizi per meglio rispondere alle necessità emergenti.

A tal proposito, osservando la reale necessità di molte persone che si trovavano in isolamento oppure che stavano vivendo una situazione di solitudine, alcuni Punti Comunità hanno scelto di attivare un numero telefonico, anche gestito da volontari, al fine di offrire sostegno per fronteggiare difficoltà di vario tipo, per fornire informazioni, per raccogliere bisogni o semplicemente per offrire un momento di ascolto.

Si può facilmente immaginare come la possibilità di sentirsi ascoltati, accolti, e di non essere lasciati soli, per gli anziani o le persone in isolamento, possa essere stata d’aiuto per fronteggiare la nuova e spaventosa situazione in cui ci siamo trovati.

Sulla base delle richieste pervenute e delle disponibilità dei volontari, i referenti hanno scelto diversi metodi per eseguire il servizio: chi ha stilato un programma settimanale, chi ha creato gruppi whatsapp o mail list, attraverso cui predisporre l’attivazione di un volontario nel momento in cui veniva ricevuta una richiesta; chi ha avuto la possibilità di assegnare un volontario ad una persona anziana, lasciando l’organizzazione in base alle necessità, oppure assegnando ad uno stesso volontario un’area geografica come un quartiere, una via, offrendo in questo modo, anche uno spazio di condivisione per i volontari stessi.

L’adesione di molti giovani è stata testimoniata in diverse zone della città: questo ha stimolato alcuni referenti dei Punti Comunità a far loro conoscere il contesto in cui si erano attivati, fidandosi di loro, sollecitandoli a partecipare e renderli protagonisti, ma ha anche portato a riflettere sui propri obiettivi; alcuni punti comunità hanno, inoltre, organizzato dei momenti di restituzione con l’intenzione di consolidare le relazioni con i nuovi volontari e di provare a costruire insieme nuove possibilità sulla base dell’esperienza fatta.

Molti Punti Comunità hanno scelto di collaborare attivamente con le altre realtà sociali e non, presenti sul territorio: l’emergenza sanitaria e l’urgente necessità di dare sostegno alle persone più fragili, hanno, di fatto, interrotto le singole attività, per perseguire l’unica finalità generale. Tale urgenza ha portato alla luce la fitta rete presente nella comunità, generando solidarietà e un sentimento di responsabilità condivisa.

Ciascuno ha arricchito il proprio servizio creando una collaborazione con alcuni negozi disponibili a consegnare la spesa a domicilio; in molte zone, i Punti Comunità hanno collaborato con Caritas, Acli, le Parrocchie e con tutte le Associazioni del territorio, che hanno contribuito alla consegna dei pacchi alimentari, integrando gli sforzi ed anche i destinatari già conosciuti, per un numero sempre più consistente di famiglie raggiunte.

LA PAROLA AI VOLONTARI

“Alcuni hanno instaurato un rapporto particolare con gli anziani: un volontario, era il più ansioso, ha stretto un rapporto particolare con un’anziana che gli ho affidato, mi dice che le fa fare ginnastica, la chiama per chiederle se ha chiuso il gas. Credo che questi rapporti andranno sicuramente avanti anche dopo. Gli anziani sono particolari, ci vuole tempo e pazienza per ascoltarli. Ho notato che il tema dei soldi è complicato, per loro è molto importante, sono attenti ad avere il resto giusto, sono attenti a spendere poco, poi magari ti lasciano la mancia. Mi fanno sorridere, sono attenti alla dieta, chiedono frutta e verdura, cibo integrale, però poi ti dicono: dai, prendimi lo stesso un cioccolatino, o un salame. Vediamo che loro vorrebbero accoglierci di più, ci invitano ad entrare in casa, a prendere un caffè; continuiamo a ripeterci che ci vedremo a bere un aperitivo quando potremo”.

“ L’ho vissuta in maniera positiva e stimolante, mi ricordavo quando facevo la spesa a mia nonna, con il bigliettino. L’anziano che mi hanno assegnato è molto simpatico, ogni tanto cerco di coccolarlo: una domenica gli ho portato un po’ di crostata; per Pasqua gli ho preparato delle brioches salate, ed anche lui mi ha fatto un piccolo regalo. Sarà un particolare ricordo di questa esperienza”.

“Mi sentivo inutile, ero a casa, non potevo fare Smart working. Ho scoperto l’iniziativa e mi sono candidata, perché no, era un modo anche per me di uscire, di vivere una nuova realtà.. quelli un po’ più forti devono aiutare i meno forti. Non è un grosso impegno, a dire la verità. Mi ha confermato ciò che pensavo del popolo bresciano, nelle situazioni di emergenza c’è. Solitamente siamo un po’ freddi, sembriamo dei diesel di vecchio stampo: c’è bisogno di scaldarsi un po’, probabilmente siamo un po’ così, ma poi ci mettiamo davvero il cuore e ci diamo da fare”.

“L’esperienza mi ha risvegliato un senso del dovere, sono un ragazzo giovane, sano, senza nessun problema, l’ho sentito doveroso togliere dal rischio altre persone più anziane. Il timore maggiore che ho visto, che abbiamo a che fare con persone a rischio, è di portare il contagio a qualcun altro. È una responsabilità nei confronti di chi aiutiamo, nessuno di noi vorrebbe mai conseguenze negative per le persone. Questa esperienza mi sta facendo scoprire il mondo del volontariato in prima persona, quando ho iniziato, non ero certo che mi sarebbe piaciuto

“La cosa che mi ha colpito di più in assoluto, quando portavo i pacchi, queste persone che sicuramente ci stavano sorridendo, ma non li potevamo vedere perché avevano la mascherina. E altrettanto noi, ci dicevamo: andiamo a portare un po’ di serenità a queste persone, come gliela porti se non puoi neanche fargli un sorriso? Vederli sorridere con gli occhi mi ha motivato, questa è una cosa che mi resterà sicuramente impressa”.

“Non mi aspettavo tutto questo entusiasmo da parte degli altri volontari: tra le persone c’erano sia italiani sia extra comunitari, ma nel nostro servizio non c’è distinzione, abbiamo collaborato con il centro islamico, quando parliamo di emergenza, se ci si può aiutare ci si aiuta a prescindere. C’è integrazione: sento che mi ha fatto bene per una crescita personale e culturale”.

“In questo periodo ci hanno detto di stare il più possibile da soli: la scelta di contravvenire alla regola a favore di un’idea di stare insieme perché c’è una necessità più forte… non sto tranquillo a casa, perché c’è una società che mi chiama, questo è quello che si è mosso. Ha cambiato il mio modo di essere cittadino, ho conosciuto cose nella città che prima non conoscevo, ad un centinaio di metri da casa mia!”.

“A marzo, quando il mio lavoro si è purtroppo fermato, mi è venuto naturale mettermi a disposizione dei servizi sociali per dedicarmi ad aiutare una nazione che mi ha accolto. Il volontariato è stata la risposta più naturale versi una comuntià che mi ha generosamente accettato 20 anni fa, e ho quindi voluto ricambiare con un piccolo gesto la possibilità ricevuta di potermi sistemare e crescere, formando una mia famiglia e avendo così la possibilità di condurre la mia vita”.

«Questa mattina sono uscita di casa a distribuire le mascherine per gli ultrasessantacinquenni del mio quartiere.
-Io: “Buongiorno signora sono venuta a portarle..”
-Lei: “Oh Signore! No no vada via non voglio niente!”
La porta si chiude fragorosamente senza replica alcuna. Sono dispiaciuta di aver spaventato la signora e decido di non demordere. Esco sul marciapiede e dopo aver identificato la finestra semi-aperta della signora provo ancora.
-Io:” Signora, non si spaventi. Sono la volontaria del quartiere, vengo a portarle delle mascherine”. Timidamente la signora si affaccia alla finestra, mi ascolta e scoppia a piangere. Questa reazione, mi dice, è dovuta sia all’agitazione che le era cresciuta dentro sia per aver dato uno spazio eccessivo alla diffidenza.
Mi chiede di lasciarle passare questo suo momento di confusione perché vuole scusarsi e non vuole perdere l’occasione di parlarmi. La signora novantunenne è sola. Le spese gliele fa una vicina di casa premurosa, i suoi nipoti le proibiscono anche di uscire a buttare la spazzatura, lei che fino a due mesi prima frequentava tutte le attività ricreative del quartiere..
-Lei:” Non vedo l’ora che arrivi il quattro di maggio così potrò di nuovo uscire a fare le mie spesine qui al supermercato in fondo e anche a buttare la spazzatura.. Vero che potrò farlo?”
Uscendo nel quartiere incontro tanti anziani “sopravvissuti” che hanno sete di parole, di sguardi, di vicinanza. Mi accorgo che qualcosa si è trasformato, nel condominio non c’è solo la curiosità per il bizzarro, ora c’è un po’ più di attenzione reciproca. Pare che ci si renda conto che non sempre ci si può bastare”.

“Ora, pensando al mio quartiere, vedo molto più che vie e numeri, visualizzo anche le persone. Esperienze come queste ti aiutano ad essere più empatico. È stato un aiuto non solo materiale ma anche emotivo e sono certo che questa rete di volontari ha fatto sentire più tranquille e meno sole tante persone. Ma non sono rimasto molto sorpreso, questa è la realtà del nostro paese”.

“Sentire fievoli voci che chiedevano aiuto in un tempo di paura e solitudine, non ha fatto altro che accentuare il desiderio di esserci. Uscire per aiutare è stata una grande spinta per calmare la paura e uscire da sé stessi e dalla propria zona di comfort. Suonare con discrezione i campanelli e sentire le voci tremanti di persone che non vedevano l’ora di parlare con qualcuno ha fatto